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sabato 16 febbraio 2008

Pianeti extrasolari - Metodi di individuazione

Metodi di individuazione dei Pianeti extrasolari
Concetti generali


E’ ormai più che accertato che il nostro non è l’unico sistema solare ad avere pianeti che orbitano intorno ad una stella.
Ma come è possibile stabilire se una stella, magari simile alla nostra, forma un sistema solare, ed individuare pianeti che, anche con potenti telescopi, sarebbe difficilissimo, se non impossibile, individuare ? La tecnologia e i metodi applicati ad essa ci vengono incontro e confermano quelle che prima erano solo delle ipotesi.
In questo post si daranno solo dei concetti generali, che verranno approfonditi successivamente, punto per punto.
Iniziamo con il dire che un Pianeta extrasolare (exopianeta o esopianeta) è un pianeta non appartenente al nostro sistema solare (può sembrare scontato, ma non è così per mia zia Carolina!) e, fino al 2007, grazie all’affinazione dei metodi, ne sono stati individuati 270 e sono diventati d’interesse scientifico a partire dal 1995 con la scoperta di 51 Pegasi b (distante 50 anni luce) annunciata il 6 ottobre dello stesso anno dagli scopritori Mayor e Queloz . La prima ipotesi sull’esistenza di pianeti extrasolari fu formulata nel 1713 da Isaac Newton, oggi si è arrivati alla conclusione che circa il 10% di stelle simili al nostro Sole hanno un sistema planetario.

51 Pegasi b - raffigurazione pittorica

Le metodologie si possono distinguere essenzialmente in due classi:
- rivelazione diretta
- rivelazione indiretta
Nella rivelazione diretta, su questo ci è stato di grandissimo aiuto il telescopio Hubble, abbiamo tutte quelle tecniche che permettono di osservare un pianeta con un telescopio e sono:
- Direct Imaging
- IFU+ Adaptive Optics
- Nulling Interferometry
Nella rivelazione indiretta, quella più interessante e che ha prodotti quasi tutti i risultati, ci sono tutte quelle tecniche che permettono di individuare un pianeta dagli effetti che esso produce (o vengono prodotti) sulla (o dalla) stella che lo ospita, e sono:
- tecniche fotometriche (transiti e microlensing)
- misure di velocità radiale (doppler, shift)
- temporizzazione dei segnali
- misure della polarizzazione della luce stellare
- astrometria
Va detto che per avere risultati più che sicuri debbono essere usate più tecniche differenti. A tutt’oggi il metodo della rilevazione indiretta che ha dato maggiori risultati è quello delle velocità radiali. Questo metodo è riuscito ad individuare 203 pianeti su 215, seguito poi da quello delle tecniche fotometriche, soprattutto transiti.

Transito di un pianeta sulla stella che lo ospita

Il grande problema della rivelazione indiretta è che l’osservazione non è ripetibile immediatamente ma ha bisogno dei suoi tempi. Un esempio per tutti: un pianeta non è fisso davanti una stella ma vi orbita, quindi nel caso dell’uso di una tecnica fotometrica bisogna attendere il transito del pianeta per poter studiare le sue caratteristiche; il che richiede tempi lunghi, se non lunghissimi, di attesa.
Al contrario, se con la tecnica fotometrica si applica il microlensing (micro lente gravitazionale) la durata importa relativamente, perché l’effetto del leansing ha una durata limitata ma accettabile (alcuni mesi).
Al fine di migliorare le tecniche di individuazione degli esopianeti, per il futuro sono in programma numerose missioni spaziali. Le misurazioni effettuate dallo spazio permettono di annullare tutte, o quasi, le penalità dovute alla distorsione dell’atmosfera terrestre, consentendo agli strumenti di individuare anche le radiazioni che vengono bloccate dall’atmosfera.

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